<<Ma cos’è questa roba esotica? È solo una moda new age, da snob intellettuali. Non serve a niente. Non è per noi occidentali. >>

Così ancora oggi molti pensano quando si parla della meditazione, rifiutandosi di approfondire di cosa si tratta davvero. Meditazione è qualcosa che spesso ancora colleghiamo con l’oriente, e quindi scartiamo come inadatto a noi, occidentali. In passato anche in occidente la meditazione veniva insegnata, praticata e trasmessa solo ad una minoranza della popolazione, agli “eletti”, ed è in parte questo il motivo per cui ancora oggi sia considerata qualcosa di elitario.

Ma tu che stai leggendo queste righe hai un approccio diverso: la tua curiosità ha oltrepassato i pregiudizi e sei disponibile a sperimentare. In realtà, la meditazione non è né una filosofia, né una religione; è una pratica che permette di ritornare in contatto con la parte interiore che è stata soppressa (i bambini sono spesso in stato meditativo spontaneamente). Si usa anche per scopi spirituali, religiosi e filosofici, e in tal senso si trova in una crocevia tra le tradizioni spirituali d’Oriente e Occidente, con differenze nelle tecniche. Oggi è insegnata alla larga popolazione.

Perché mai una persona dovrebbe meditare, se non è proprio un monaco o seguace di qualche corrente di pensiero spirituale o filosofico?

Proviamo a dare una risposta illustrativa:
Avete presente lo spazio strapieno di oggetti, sovraffollato di persone, in cui regna confusione e un certo senso di soffocamento? Ecco, questa è una metafora adatta per descrivere la mente della maggior parte delle persone sul pianeta. Secondo alcune statistiche, la mente nell’arco di 24 ore produce circa 60.000 pensieri. Della stragrande maggioranza di questi pensieri non ne siamo consapevoli, e si tratta per di più di pensieri automatici: quando va bene, ripetitivi e privi di qualsiasi creatività (senza grandi danni, ma anche senza benefici). Ma quando va male (ed è il caso più frequente), questi pensieri sono fonte di ansia, angosce di ogni tipo, critiche, lamentele, ricordi di torti o traumi subìti, paure per il futuro… Pensieri produttivi, costruttivi e benefici purtroppo sono una esigua minoranza.

E allora? (potresti chiedere) Il cervello è fatto per pensare ed è giusto che lo faccia. Perché impedirglielo?

Giusto. Non glielo possiamo impedire, neanche. I pensieri sono il nostro strumento di creazione del modo in cui vogliamo vivere la vita: sono energia creativa che modella tutto ciò che ci riguarda, e nemmeno un pensiero che emaniamo ne è esente da questo potere. I pensieri dovrebbero essere al nostro servizio. Il piccolo problema è che, se non siamo noi a controllarli – essi controllano noi: ovvero, mettiamo la nostra vita al loro servizio.

Se i nostri pensieri sono come degli cavalli impazziti, come può essere il nostro stato d’animo e ancor di più la direzione che prende la nostra vita, tenendo conto che siamo bombardati da una quantità impressionante di pensieri negativi o contrastanti?

E se, come quasi tutti noi facciamo, mi identifico con tutti i miei pensieri, senza esserne nemmeno consapevole? Penso a quell’episodio triste del passato e divento triste ora. Penso a quel momento in cui qualcuno mi ha fatto un danno e ora mi arrabbio quando si presenta una situazione simile, senza che ci sia nessun danno? Nel passato qualche mio desiderio è stato frustrato ed io oggi mi sento triste solo all’idea di desiderare qualcosa? Qualche volta da piccoli non siamo stati capiti e oggi il pensiero dominante è “Nessuno mi capisce”? Quante volte non vorremmo pensare a cose spiacevoli e siamo nella condizione di non potere farne a meno!

Chi di noi è in grado di osservare i propri pensieri? Pochi. Semplicemente non siamo stati educati a farlo. Non l’abbiamo imparato. Ma possiamo farlo ora.

Acquisire la consapevolezza.

Se scelgo i miei pensieri, ho il potere su ciò che creo. Se sono i pensieri a galoppare disorientati, non ho nessun potere (ed ecco che la mia vita è una serie di casualità che io subisco). Situazioni si ripetono e il senso di frustrazione e di impotenza nei confronti della vita aumenta. È come la differenza tra avere un giardino ben curato (godibile) e uno pieno di gramigna ed erbacce (impraticabile se non pericoloso). Perché i pensieri sono davvero i semi: possono nascere tante cose diverse – alcune delle quali non buone per noi.

Pensieri possono produrre la felicità o la sofferenza, ma un pensiero che produce la sofferenza non è mai volontario; nessuno si produce sofferenza volontariamente perché è contro il programma genetico di sopravvivenza. Il nostro obiettivo è ridurre i pensieri involontari e creare quelli volontari, positivi per noi.

La questione non è tanto eliminare i pensieri (un po’ difficilino, visto il numero impressionante), ma imparare a scegliere ai quali dare l’attenzione.

Già creando degli intervalli nel flusso dei pensieri, creiamo lo spazio per interrompere la corsa senza senso (o peggio ancora, ripetitiva e distruttiva).

Bastano anche pochi secondi. Più che la loro lunghezza è importante farli accadere frequentemente, in modo che le attività giornaliere e il flusso dei pensieri si alternino con lo spazio. Anche qui la strategia vincente è quella dei piccoli passi. Gradualmente aumenteranno da soli, senza alcuno sforzo.

Questa è la funzione della meditazione: disciplinare la mente. Creare degli spazi vuoti. Delle pause. Sgombrare.

Se discipliniamo i pensieri, smettiamo di re-agire e cominciamo ad agire.

Se emettiamo una quantità di pensieri negativi per lungo tempo difficilmente potremo essere in salute fisica ed emotiva. Se abbiamo anche stabilito degli obiettivi, non riusciamo a raggiungerli finché ci sono dei pensieri, desideri ed emozioni contrastanti con essi. Il pensiero crea emozioni: lavorare su di noi per limitare quelle negative come paura, preoccupazione, tristezza, frustrazione, rabbia, risentimento, rancore, vergogna, senso di colpa, significa indirizzare la nostra vita verso il meglio per noi, curare il nostro interesse. Senza contare i benefici per la nostra salute, in quanto le emozioni negative sono il terreno per lo sviluppo della malattia.

Forse non è poi così inutile la meditazione, eh?

In realtà, la meditazione, fatta in modo adeguato, è davvero un’esperienza trascendente, cioè ci permette, di trascendere la mente, la nostra natura emotiva, per planare in una dimensione di quiete, serenità da cui consegue una maggiore coscienza del vissuto. La trascendenza non è poi un concetto così astratto, perché i benefici sono più che osservabili.

La meditazione è una pratica che ha la finalità di avvicinarci al centro di noi stessi. E questo di per sé non ha una applicabilità concreta. Ma il crescente successo della meditazione deriva in buona parte dall’essere usata come strumento per ottenere qualcosa: i benefici per la salute, il controllo dello stress, perfino l’aumento della produttività.

C’è chi medita pregando, chi assumendo una postura particolare, chi semplicemente seduto, chi camminando o facendo dei lavori, chi concentrando la propria attenzione sul respiro, oppure su un mantra; c’è, infine, chi medita senza utilizzare alcuna tecnica, ma facendo fluire l’attenzione sulla consapevolezza del qui ed ora. Le tecniche possono essere diverse, ma ciò che conta non è la tecnica, ma il risultato: il silenzio interiore.

Fondamentale è solo una cosa: praticarla. Appunto, perché è una pratica.

Ora ti lascio ad un video di Meditazione Semplice: