Quando diciamo riordinare e pulire, la prima cosa che ci viene in mente è la nostra casa, e poi via via gli altri ambienti dove passiamo molto tempo. Sembrano delle attività puramente fisiche, di routine e di nessun impatto, se non quello del prodotto finale: l’ambiente pulito e funzionale.

Eppure, quei semplici gesti una rilevanza ce l’hanno anche sulla nostra psiche, e più in generale su come si svolge la nostra vita a lungo andare.

Già decenni fa Louise Hay, una delle massime esperte del pensiero positivo, parlava dell’importanza del riordino degli armadi e dei cassetti nei nostri mobili e negli ultimi anni i libri sull’arte del riordino di Marie Kondo sono un best seller mondiale.

Sia che si tratti di ambienti piuttosto semplici e poveri o di ambienti stracolmi e ingombri di oggetti (molto comuni nelle società occidentali), il principio è lo stesso: curare l’ambiente corrisponde all’indirizzare le energie vitali e ha una rilevanza notevole sullo svolgimento della nostra vita e sulla nostra personalità.

Sappiamo bene delle differenze enormi tra le persone in fatto di riordino e le pulizie: c’è chi li detesta, chi ama farli o con regolarità o quando ispirato, chi procrastina per poi fare le grandi azioni, chi li ritiene un male necessario, chi li fa per dovere e bene, chi li fa per dovere e male, chi li delega completamente a qualcuno, chi non li fa per nulla (tanto che alcuni programmi televisivi ne fanno lo spettacolo dei casi così particolari), chi li fa meccanicamente, chi ne è appassionato e chi ne è addirittura ossessionato o li fa in maniera compulsiva, tanto da non essere in grado di dedicarsi a null’altro o di tollerare il minimo grado di disordine o di sporcizia.

Partiamo dal presupposto che il mondo fisico di qualsiasi tipo sia contrassegnato dal disordine presente in misura variabile e crescente, e questo concetto, conosciuto come entropia, è stato esteso anche agli ambiti non strettamente fisici, come la teoria dell’informazione o le scienze sociali. Quindi, tutto ciò che vive è soggetto al disordine, al generare qualcosa di troppo. E quel di troppo, se in qualche modo non lo si limiti, finirebbe per sommergerci.

Di quel “qualcosa di troppo” bisogna liberarsene, ma prima di liberarsene bisogna accorgersi che sia di troppo. Finché si tratta di rifiuti corporei (solidi, liquidi e in forma di malodore), oppure di rifiuti organici in cucina, è facile. Ma già dagli imballaggi vari cominciamo a differenziarci per il concetto “di troppo”.

Tutti abbiamo avuto a che fare con la nostra tendenza o conosciamo le persone che hanno difficoltà di buttare via dalla casa gli oggetti che non sono più necessari. Lo spazio a disposizione per vivere diventa sempre meno, anche se le cose possono essere tenute in perfetto ordine e un’impeccabile pulizia. Anzi, proprio perché le cose sono tante, può esserci bisogno di un tempo sempre crescente da dedicare facendo ordine e pulendole. E non ci si chiede mai, né si mette in discussione il perché dell’esistenza di tutte quelle cose, né ci si chiede a quali altre cose abbiamo tolto il tempo, lo spazio ed energia.

Forse a qualcuno sembrerà strano, ma tutto questo si rispecchia sull’andamento delle cose nella nostra vita.
Succede che ingombriamo la mente e il tempo con troppi stimoli di cui alcuni da in pezzo non sono più una priorità per noi. Succede che dedichiamo le energie alle persone che non solo non nutrono più la nostra vita, ma possono addirittura essere dannose. Succede che manteniamo dei legami che devono essere recisi per poter essere liberi di instaurare gli altri, appropriati per la fase della vita che viviamo. Succede che spendiamo tutta la nostra vitalità per mantenere uno status quo pur di non cambiare nulla per non uscire dall’abitudinarietà, invece di utilizzare la vitalità per le nuove sfide, le nuove strade e le nuove espressioni di noi stessi. Succede che restiamo imprigionati nella nostra zona di comfort sognando la vita che vorremmo.

Se osserviamo con attenzione e onestà, noteremo la chiara corrispondenza tra lo stile di vita di chi sa liberarsi di quel che non serve più e lo stile di vita di chi non riesce a farlo. Oppure tra i periodi della nostra vita quando riuscivamo a “fare piazza pulita” e l’andamento che la nostra vita prendeva, rispetto a dei periodi di stagnazione contrassegnati da uno stile “non spostare niente”.

Come in tutto, anche in questo ci vuole un certo buon senso. Per evitare di arrivare in estremis ai momenti di “raptus di pulizia e del taglio dei rami secchi”, oppure della stagnazione e blocco totale, fino a sentirsi impotenti, è consigliabile:
– ogni 6-12 mesi eliminare dagli armadi tutto quel che non abbiamo indossato nell’ultimo anno;
– smettere di indossare quel che non ci rappresenta più, anche se fino a ieri ci rappresentava (siamo esseri in continua evoluzione!) oppure che sia troppo usurato, anche se ne siamo affezionatissimi;
– lasciare che si allontanino dalla nostra vita le persone che per qualche motivo non ce la sentiamo più di frequentare o che sentiamo ci evitino, come anche le persone con le quali non ci sentiamo a nostro agio (anche se non sappiamo spiegare il perché) o, ancora più palesemente, con le quali litighiamo di frequente;
– eliminare dalla casa tutti i mobili non necessari o che ingombrino il nostro libero ed agevole/piacevole passaggio per la casa, e disporre diversamente quel che è necessario ma è disposto in modo disfunzionale;
– chiedersi per ogni oggetto o soprammobile: “Che cosa aggiunge e che cosa toglie stando qui?”;
– finire le confezioni delle cose che usiamo e buttarle prima di iniziare ad usare le nuove;
– misurare quanto tempo passiamo pulendo e riordinando: un numero a volte ha il potere di “svegliarci”. Se ci sembra sostanzioso, forse è il caso di cominciare ad interrogarci sulla possibile ossessività, compulsività (che possono nascondere le altre problematiche psicologiche da esplorare) o semplicemente la difficoltà di accettare la parte caotica della vita (nella quale si nasconde la creatività) e l’imperfezione in sé;
– se invece abbiamo l’abitudine di lasciare lo sporco e il disordine trascinandoli e lungo, interrogarci sul possibile atteggiamento passivo nei confronti delle difficoltà della vita, dai quali ci lasciamo “inghiottire”. A volte uno sforzo di fare quotidianamente per 5 minuti al giorno l’ordine o pulire (ricordiamoci che piccoli passi a lungo andare sono la strategia vincente in tutto) può aiutare a cambiare l’atteggiamento. Provare per credere!

E tu, come te la cavi con il riordino e le pulizie? Riesci a trovare la corrispondenza con l’andamento delle cose nella tua vita? Raccontami nei commenti!