Diventare genitori è senza dubbio uno degli obiettivi più condivisi da maggior parte delle persone sul pianeta. Viviamo oggi però nell’era della “Iper-genitorialità”, con eserciti di genitori che sono costantemente a caccia di informazioni su come devono curare o educare i propri figli – questo vale soprattutto per le donne, cui l’argomento più ricercato è come essere una “brava mamma“ – per poi alla fine uscirne tutti più confusi di prima.
Tanto che per le donne è sempre in agguato il pericolo di identificarsi completamente con il ruolo della madre e trascurare tutto il resto. Diciamocelo chiaro, al di là del lato bello del ruolo della madre, è uno dei “mestieri” più totalizzanti che esistano…e sappiamo bene che il momento di diventare genitori mette a dura prova il rapporto di coppia per la “rivoluzione” che causa l’arrivo di un bambino. Alcune ad un certo punto, di solito dopo aver corso a perdifiato dietro gli standard della “mamma perfetta”, escamano: “Ora basta! Dopo tutto sono una donna!”
L’essere Donna non necessariamente significa essere Madre. E viceversa: l’essere madre non richiede di accantonare la Donna (tranne forse nei primissimi mesi di vita, quando il bambino ha bisogno di una cura fisica e di una presenza costante, che assorbe totalmente le energie sopratutto se non si ha aiuto di nessuno).
Storicamente la figura della donna è stata quasi sempre considerata e identificata prima come madre piuttosto che come donna, se in grado di procreare; in caso contrario, spesso è vista con compassione e commiserazione. Per gli uomini non vale lo stesso atteggiamento: la figura dell’uomo non è sempre associata a quella del padre, e se sì, lo è comunque con minor investimento emotivo.
Il fatto di identificare il destino della donna quasi sempre nella maternità ha determinato la difficoltà di costruire la propria identità al di fuori della procreazione. Il processo di formazione dell’identità di genere (maschile/femminile) parte dalle caratteristiche biologiche e fenotipiche, ma nella parte più sostanziosa è condizionato dal contesto sociale in cui si cresce e vive, carico di aspettative, regole e dettami legati al ruolo di genere.
Ogni donna si trova ad un certo punto della sua vita a dover fare i conti con il modello antropologico che per essere considerata donna deve prima soddisfare il criterio della maternità. La medicina attuale, con il vero e proprio “accanimento terapeutico” a cui si sottopongono (a volte con enormi sofferenze fisiche e psichiche) le donne che hanno difficoltà di concepire e portare avanti una gravidanza, riporta la donna verso un’inconscia idea che lega la propria esistenza solo all’essere madre, per raggiungere quello che diventa l’unico obiettivo della propria esistenza o l’unico modello identitario che le permette di dare un senso alla propria vita e sentirsi visibile e considerata. Per intenderci, si tratta dell schema mentale “Io non esisto/non merito di esistere se non sono in grado di procreare” (e dare un erede alla stirpe di mio marito).
La maternità a questo punto non è più una scelta consapevole ma il soddisfacimento di un bisogno che si avverte come come unico per affermare il proprio essere, nel non sentirsi esistente comunque come donna.
La donna in questo modo rischia di non concretizzarsi mai come individuo e come individuo di genere femminile, e il nascituro rischia di diventare un “oggetto” destinato a colmare il buco di una mancanza di esistenza. Questo comporta un peso notevole per entrambi, in quanto anche al figlio viene negata la possibilità di costruire la propria esistenza in base ai propri desideri.
La donna ha la possibilità di uscire da questo modello e procedere conla creazione di se stessa in modo irripetibile e unico. Lo stesso vale anche per la modalità di vivere la propria maternità, in caso in cui ci fosse e riprendersi il ruolo di Donna come principale (anche se magari madre di numerosi figli).
E tu consideri/ti consideri Donna, solo e quando sarai in grado di procreare? Ti consoderi una madre solo se aderisci ai modelli precostituiti? Dimmelo nei commenti