La vita ci presenta continuamente delle sfide, in forma di nuove situazioni, spesso percepite da noi come problemi da affrontare.
Possiamo reagire con entusiasmo, mettendo l’accento sul gioire per avere di cosa occuparci, e questo succede di solito quando abbiamo a che fare con qualcosa di desiderato. Ma la reazione non sempre ha le tinte rosa.
Nel caso della preoccupazione l’accento è sul soffrire a causa di un problema, e la tendenza alla preoccupazione rappresenta in sé un problema per molte persone.
Paradossalmente, proprio questo a volte diventa l’ostacolo maggiore per potersi occupare efficacemente di quel che necessita di essere affrontato.
Il caso a parte è la tendenza cronica di preoccuparsi costantemente di qualcosa quando il problema effettivamente non c’è.
E, parliamoci sinceramente, siamo in tanti ad essere affetti da questo tipo di atteggiamento disfunzionale, alla cui formazione ha contribuito molto una sorta di pregiudizio sociale abbastanza diffuso per il quale non cedere alle preoccupazioni da alcuni è persino considerato irresponsabile.
Chiaramente, ci sono notevoli differenze culturali che influenzano gli individui immersi nel contesto in cui vivono: pensiamo per esempio, sul territorio italiano, alla differenza tra la mentalità del Nord e del Sud o all’apprendimento all’interno della famiglia dello stile ansioso come se fosse il modo migliore per affrontare la vita.
In alcuni casi la preoccupazione occupa la mente delle persone senza sosta, rendendo difficile dedicarsi ad altro, tanto meno godersi le piccole gioie della vita.
E che dire delle notti insonni dove i pensieri galoppano? Gli atteggiamenti da “preoccupati cronici“ sono di solito colorati di pessimismo e della visione della vita come luogo pieno di pericoli, fino a produrre le distorsioni cognitive (errori di ragionamento o modalità disfunzionali di percepire i fatti e di interpretare le esperienze) che possono far perdere il contatto con la realtà, caratterizzati dalla sovrastima del pericolo e dalla catastrofizzazione (la tendenza a prefigurarsi, immaginare, sempre il peggior sviluppo possibile in una situazione).
La tendenza di preoccuparsi ha una ragione filogenetica.
Gli esseri umani hanno una spiccata propensione a notare le cose negative in quanto nel corso dell’evoluzione hanno dovuto notare in modo amplificato rischi e pericoli che ci circondano per potersi difendere con tempismo o proteggere efficacemente.
L’imprevedibilità e l’ignoto restano tra le cose che più spaventano e comunque sono parte inevitabile della vita.
Non è facile accettare che su alcune cose non possiamo influire perché sono imprevedibili e accadono in modo misterioso.
Tanto più nella contemporaneità, dove vige una certa pretesa di controllare tutto e di non tollerare il minimo dell’incertezza.
Proprio per questo è necessario allenarsi anche alla visione orientata all’ottimismo, che aiuta a notare i lati positivi, le opportunità e a sviluppare la fiducia nei confronti della vita.
La preoccupazione può essere utile quando è uno stimolo per risolvere un problema, ma può diventare pervasiva al punto di compromettere negativamente la qualità della vita.
Un conto è occuparsi, un altro pre-occuparsi. Il significato stesso della parola (dal lat. praeoccupare «occupare prima, prevenire») ne dà la distinzione.
È differente essere pronti ad affrontare un problema quando si presenta, mostrando cura e sollecitudine, piuttosto che essere perennemente in attesa del problema, anche se può essere funzionale occuparsene prima (per esempio di mantenere il corpo in salute o di tenere a bada le spese in linea con il budget).
Afferrare un problema, esaminarlo da ogni punto di vista e immaginare i futuri sviluppi può mettere a fuoco nuove idee oppure prendere in diversa considerazione quelle che già abbiamo, ed inoltre motivare all’azione.
Si potrebbe dire che esistano le preoccupazioni produttive (quelle legate ad un problema concreto che siamo in grado di affrontare o risolvere nell’immediato) e le preoccupazioni distruttive (immotivate e fino a sé stesse).
Prendere a cuore una problematica è segno di sensibilità e del senso di responsabilità, ma una preoccupazione costante è dannosa per la salute, sia mentale che fisica.
Le persone affette da una tendenza alla preoccupazione eccessiva hanno in comune alcune caratteristiche di partenza, ma che a sua volta vengono rinforzate attraverso questo atteggiamento: bassa autostima, insicurezza, evitamento del confronto (con gli altri e con la realtà), dipendenza emotiva o fisica.
Un celebre aforisma dell’autore Dan Zadra descrive forse in modo più breve ed efficace l’accezione negativa: “Preoccuparsi è l’uso cattivo dell’immaginazione”.
Vediamo come possiamo invece usare l’immaginazione in modo costruttivo:
1. Distinguere se si tratta di qualcosa su cui possiamo influire o no (“Posso fare qualcosa?”), e focalizzarci solo sulle cose sulle quali possiamo avere controllo: i nostri pensieri, azioni che possiamo svolgere;
2. Chiedersi in riferimento alle preoccupazioni: “Quanto è probabile che ciò accada? Quanto è davvero grave?”;
3. Prefigurarsi gli scenari migliori invece di quelli peggiori (l’opposto della catastrofizzazione) e tenerli a mente come ispirazione per le azioni concrete atte a realizzarli o almeno avvicinarci in quella direzione;
4. Sulle cose fuori dal nostro controllo adottare un atteggiamento sereno, accettandole;
5. Sviluppare fiducia: in sé stessi, negli altri e nella vita in generale;
6. Nel caso di problematiche che richiedono tempo, dedicare ogni giorno 15 minuti per immaginare il problema già risolto o almeno con lo svolgimento sempre più favorevole;
7. Cercare di immaginare come sarebbe il nostro sentimento se il problema fosse già risolto, quali emozioni sarebbero dominanti, e permettiamoci di provarle, di assaporarle per alcuni minuti e possibilmente più volte al giorno.
La Preghiera della serenità, piuttosto famosa, scritta intorno al 1944 dal teologo protestante tedesco-statunitense Reinhold Niebuhr, probabilmente ispirata alla filosofia ed etica, stoica riassume in qualche modo l’approccio costruttivo:
«Dio, concedimi la serenità di accettare le cose che non posso cambiare,
il coraggio di cambiare le cose che posso,
e la saggezza per conoscerne la differenza.
Vivendo un giorno per volta;
assaporando un momento per volta;
accettando la difficoltà come sentiero per la pace.»
E tu, quanto ti preoccupi? Dimmelo nei commenti!