zona comfortSi sente spesso pronunciare quest’espressione, specialmente nell’ambito della crescita personale. La sentiamo dire in un accezione che intuiamo leggermente negativa, e questo ad alcuni fa sorgere la considerazione: “Beh, e cosa c’è che non va nel comfort? Perché dovrei rinunciare?” – cestinando immediatamente tutta la storia.

Credo che la maggioranza di noi si faccia subito l’idea del comodo divano su cui siamo spalmati mentre premiamo i tasti del telecomando. Per alcuni questo davvero rappresenta la loro zona comfort, ma per altri (che si dissociano e concludono così di non essere affetti di ”zonacomfortismo”) potrebbe essere tutt’altro.

Chiariamo subito: avere una zona comfort è utile, anzi, indispensabile per un essere umano perché soddisfa il suo bisogno di sicurezza. È uno spazio che permette di avere una base sicura in cui sentiamo confermati i nostri valori importanti e la nostra stabilità mentale.

La zona comfort in sé non è un problema: il problema possono essere le sue dimensioni. Quando prende troppo spazio nella nostra vita, ci priva della vita stessa (sembra solo un gioco di parole ma non lo è).

Ma che cos’è la zona di comfort?

Si tratta delle situazioni conosciute (perciò facili) padroneggiate bene e piene di abitudini, che hanno sull’essere umano un’”attrazione fatale”, per via del disagio che si avverte quando ci troviamo nelle situazioni che non padroneggiamo, in cui siamo messi in discussione, e dove la nostra possibilità di controllare è prossima allo zero. Il termine “zona comfort” deriva dal senso di benessere e rilassamento che proviamo al suo interno: sono gli ambiti, modi comportamentali nei quali ci sentiamo al sicuro perché ne abbiamo dimestichezza e controllo.

Nella nostra zona comfort ci sentiamo “a casa”, siamo consapevoli delle nostre capacità, dei nostri punti di forza e di debolezza, e dove tutto sommatto regna la routine e gran numero di gesti automatici. Dove possiamo riposare perché non richiede grandi sforzi. Lo stress, se non è del tutto assente, è ridotto al minimo.

Ma ahimè, ha un difetto determinante: non ci fa crescere, assopisce le nostre capacità e col tempo porta alla noia! Qui subentra la questione della necessità di una dose dello stress nella nostra vita, ma è un argomento a sè.

Una delle definizioni della parola crescere è: “Diventare maggiore in relazione a determinate qualità o condizioni”. Se, pensando alla crescita, ci vogliamo limitare soltanto alla statura ed alle abilità di base, abbiamo finito più o meno con la fine dell’adolescenza. Se vogliamo andare oltre (sia nell’ambito professionale che personale), abbiamo bisogno di fermarci a riflettere sulla risposta a qualche domanda: “Che cosa significa per me crescere nella vita? In quali ambiti è importante per me crescere? Quali corsi di formazione potrei fare per migliorare? Mi soddisfa il modo in cui sto vivendo la mia vita in questo momento? Mi piaccio come persona così come sono ora? In questo momento sto crescendo in almeno una singola abilità?”.

Il concetto della zona comfort è molto relativo, come tutto ciò che riguarda l’essere umano: sarebbe facile se la vita fosse un’equazione matematica, ma non lo è! Quello che per una persona è la sua zona comfort, per un’altra può rappresentare la massima difficoltà o pura avventura. Uscire dalla zona comfort significa semplicemente sviluppare il comportamento o l’atteggiamento opposto a quello che pratichiamo sempre o per la maggior parte del tempo.

Se, per esempio, siamo di quelli che tutte le sere passano esclusivamente sul divano col telecomando in mano, per noi uscire dalla zona comfort significa sforzarci di uscire di casa o semplicemente fare qualcosa di diverso. Se siamo di quelli che non riescono a passare una serata tranquilla a casa propria, la nostra grande sfida è imparare a stare in un posto piuttosto che essere perennemente in una sorta di fuga. Per chi è studioso e serioso, uscire dalla zona comfort significa sforzarsi di dedicare del tempo al divertimento. Per chi è un seduttore seriale, uscire dalla zona comfort significa riusicre a dedicarsi soltanto ad una relazione. Per una persona ambiziosa ed arrivista, imparare a collaborare e dare spazio ad altri. E così via…

In uno dei post precedenti ho menzionato che la paura dell’ignoto è una delle più grandi paure in un essere umano. Ecco, abbandonare la zona comfort presuppone l’accettazione del rischio di andare incontro a qualcosa di nuovo – che poi, in sostanza, è la versione nuova di noi stessi.

Paradossalmente, per quanto possiamo essere insoddisfatti di noi stessi, siamo talmente spaventati dall’impossibilità di prevedere l’esito di un cambiamento, che ci precludiamo ogni possibilità di esplorazione. Ma se ci riflettiamo, si tratta soltanto di stirare qualche nostro muscolo poco utilizzato. Uscire dalla zona comfort presume l’esplorazione delle nostre capacità inespresse. Ci mette davanti alle nuove problematiche da risolvere e davanti alla fatica di abbandonare le nostre care vecchie abitudini.

La crescita (personale e professionale) richiede coraggio e forza di volontà. Rappresenta l’opportunità di ampliare la nostra libertà comportamentale, e quindi anche la facilità di cavarcela nelle situazioni impreviste e imprevedibili. Accettare di essere scomodi per un periodo credo sia un prezzo minimo da pagare. La ricompensa è una rinnovata sensazione di vitalità, tanto per cominciare. Ma il guadagno è inestimabile in molti altri settori, talvolta insospettabili, della nostra vita.

Non è necessario fare dei cambiamenti epocali. Come sempre, piccoli passi sono quelli vincenti. Allora, per una serata ce la facciamo a rinunciare al divano davanti alla TV?

Se siamo timidi, ce la facciamo a rivolgerci ad una persona sconosciuta in fila al supermercato, sulla panchina di un parco o sulla fermata dell’autobus? Se abitualmente prendiamo la macchina, ce la facciamo a prendere una volta alla settimana i mezzi pubblici o andare in bicicletta? O semplicemente camminare. Se non abbiamo mai letto un libro, ce la facciamo a leggerne uno, magari brevissimo? Se siamo sempre in compagnia, ce la facciamo a passare due ore completamente da soli? Se non abbiamo mai parlato davanti ad un gruppo di persone, ce la facciamo a provarlo (magari per gioco, questo è un’ottimo modo) davanti al gruppo di amici? Se siamo abituati a giudicare e criticare, ce la facciamo a provare ad essere comprensivi una volta a settimana per un ora? Se siamo abitualmente prudenti, ce la facciamo a fare una cosa “incosciente” a settimana? Le sfide sono infinite, ciascuno di noi ha una miriade delle sue sfide personali, i particolari “muscoli da stirare”.

Mettiamo in conto che sui primi tentativi quasi di certo non ci piacerà.

E tu? Quanto è grande la tua zona comfort? Cosa fai per uscirne ogni tanto?