A me capitò per la prima volta a 8 anni.
I miei genitori decisero di traslocare in un’altra città. I preparativi mi incuriosivano, divertivano e creavano in me una certa euforia per via di questa nuova esperienza. Ma appena mi misi in viaggio e i chilometri cominciarono a susseguirsi, assaggiai la sensazione molto diversa: scoppiai a piangere, e non riuscivo a fermarmi. Con l’aumentare della distanza che mi separava dal luogo in cui ho vissuto fin dalla mia nascita, aumentava la sensazione del dolore che mi riempiva gli occhi di lacrime. Piansi ininterrottamente per tre giorni, e allora capii che cosa significa sradicarsi.
Da allora lo feci più volte, fino a cambiare il Paese.
Tutti abbiamo bisogno di una dose di sicurezza nella vita. L’ambiente che ci ospita, compresa la città dove viviamo, contribuisce a fornircela finché non la interiorizziamo – ovvero costruiamo dentro se stessi, portandola ovunque con noi. I cambiamenti ci aiutano in questo processo. Alcuni cambiamenti sono voluti, altri subiti, ma la parola chiave in entrambi è l’adattamento. Che, non a caso, è anche la parola chiave dell’evoluzione.
Capita nella vita di cambiare la città dove viviamo: per scelta – nostra o quella degli altri, per necessità, per una serie di coincidenze che potremmo definire il fato, a volte per puro bisogno di cambiamento.
Vediamo quali potrebbero essere i passi vincenti per superare efficacemente questo passaggio, e adattarsi con successo:
– Accettare il cambiamento
Questo è quasi scontato in caso in cui è stato un passo scelto e meditato personalmente, ma comunque bisogna sempre fare i conti con l’atavica paura umana dell’ignoto e con i dubbi che solleva. Il cambiamento spaventa, anche quando è voluto. Se poi in qualsiasi modo ci sentiamo costretti, è bene avere presente che “tenere il broncio” a questo cambiamento avrà per l’effetto soltanto la caduta dell’umore in picchiata libera, senza peraltro cambiare nulla. Il significato principale della parola “accettare” è “consentire ad accogliere”; dal momento che il cambiamento fa parte della vita, opporsi equivale in qualche modo allo smettere di vivere. Non credo sia una gran scelta. Permettiamolo. Accogliamo ciò che è.
– Elaborare i sentimenti e le emozioni connesse al cambiamento
Questo passo è conseguente al precedente, e in un certo senso vi si intreccia. Possono esserci le più svariate sfumature: dolore (come nel mio caso, da bambina), rabbia, sconforto, solitudine, paura, sovreccitazione, sorpresa, disgusto, speranza, nostalgia, perfino lo shock…permettersi di sentirle e di viverle fino in fondo è fondamentale per poterle superare, ovvero consentire la loro evoluzione, la trasformazione in qualcos’altro. Sentirsi sradicati da tutto ciò che faceva parte del nostro mondo è destabilizzante, inutile negarlo. La questione è come fronteggiare la destabilizzazione, il senso di vuoto e di mancanza di riferimenti. Farsi aiutare, supportare, ascoltare da un amico, può essere di grande aiuto. Ma se siamo soli, condividere il proprio vissuto con un abitante della nostra nuova città, magari conosciuto sulla panchina del giardino, può essere un modo per stringere una nuova amicizia. Apre anche alla consapevolezza che in fondo non siamo mai proprio soli. Rivolgersi ad un professionista – come per esempio, Life Coach, psicoterapeuta, counsellor, o un gruppo di crescita personale – può essere un’altra ottima scelta.
– Aprirsi al “nuovo mondo”
Ogni città ha una sua propria identità: cerchiamo di percepirla, di sentire quello che ci comunica e che ha in serbo per noi. Quali doni ha da elargirci? Che cosa ha da insegnarci? Quali sono le sue risorse? In nessun posto capitiamo per caso, anche se ci viviamo per un periodo breve. Di una città ci possiamo persino innamorare. ”Che cosa mi piace di questo posto? E che cosa mi disturba?”. Una buona cosa è scrivere l’elenco di tutti i lati positivi che riusciamo ad individuare, e concentrarsi esclusivamente su di essi: migliora ed accelera di gran lunga l’integrazione. Toglie le nostre barriere interiori. Ci aiuta a lasciarci andare alla nuova esperienza. Aiuta inoltre a tirare fuori i nostri lati positivi, le nostre risorse, e di conseguenza aumenta il livello di autostima.
– Uscire, seguendo il più possibile le proprie passioni
A meno che non si sia in fase solitaria della vita, che genera il bisogno di allontanarsi ed isolarsi per un periodo (in quel caso il cambiamento della città potrebbe essere un passaggio funzionale a soddisfare tale esigenza). Frequentare i posti o le attività che ci appassionino, sia che si tratti della passeggiata al parco, in libreria, al teatro, al corso di ballo o al centro commerciale, ci metterà direttamente in contatto con le persone aventi le stesse passioni, e quindi “sulla stessa lunghezza d’onda” . Mescolarsi alla gente del posto è il modo migliore di diventarne parte…se ci si rintana dentro casa, è un po’ difficile che qualcuno venga a bussarvi alla porta per tirarvi fuori.
– Godersi il panorama ed esplorarlo
Ogni cambiamento contiene in sé, oltre la paura dell’ignoto, anche l’entusiasmo della novità. L’entusiasmo è un potente acceleratore dell’evoluzione: sfruttiamolo. Ancora una volta, lasciamoci andare alla nuova esperienza di noi stessi…perché, teniamolo in mente: non è tanto la nuova città quanto “Io in questa città”. Esploriamo “diverso da me” e le sue sfumature…è arricchente.
E tu? Come ti senti all’idea di cambiare città? Hai avuto già quest’esperienza? Quali strategie hai adottato? Se dovesse capitarti, cosa faresti? Condividi nei commenti!
Sono completamente d’accordo con te, Lucia!
Mi sorprende però il tuo accostamento tra l’adattamento e la rassegnazione – di solito le persone accostano l’accettazione alla rassegnazione – ma in entrambi i casi si tratta di concetti molto diversi. La ‘rassegnazione’ include in sé la sofferenza, una passività insita in quello che si percepisce come l’impossibilità di scelta (illusoria, perché abbiamo sempre la possibilità di scelta). La parola ‘adattamento’ è stata utilizzata qui nell’accezione della modifica del proprio comportamento o delle condizioni esterne nell’interazione con l’ambiente, che comprende in sé molti processi. Ovviamente, il grado di modifica può variare molto nel livello di attività della persona davanti ai problemi che pone l’ambiente. Ma in ogni caso si tratta dell’arricchimento di fronte alle nuove necessità.
Complimenti per il tuo atteggiamento entusiasta e propositivo!
Mi sono fermata alla parola ‘adattamento’,
così simile alla rassegnazione….!
Ma non sono queste opportunità di ricerca di nuova conoscenza, di nuovi stimoli che allargano la vita e le capacità di scelta?
Tutti i nostri sensi vengono coinvolti in altre dimensioni!
La nuova società (anche se vicina di casa) dà segnali di ordini diversi che è interessante capire se e quanto sono adatti a noi.
E noi abbiamo grandi opportunità di valutare i nostri pregiudizi, la nostra pigrizia e la nostra capacità di volerci bene e saperci coccolare quando siamo disorientati o stanchi.
La nostra apertura alla conoscenza del nuovo e del diverso nella natura, negli insediamenti umani, nelle regole, negli ambienti sociali, è un tutt’uno con la nostra capacità di relazionarci con le persone: quanto accettiamo negli altri modalità di vedere, di sentire, diverse dalle nostre?
Dài, evviva hai una meravigliosa opportunità di crescita per il tuo futuro!
Grazie Giusy…la risposta al tuo dubbio sta nell’inizio del tuo commento: nulla ci capita a caso. Il dado è tratto. In fondo, non esiste una decisione più giusta dell’altra, sono semplicemente strade diverse da percorrere. Goditi questa nuova esperienza, il processo del superamento della paura compreso!
Ci manderai una cartolina da Bruxelles? :)
Un abbraccio!
davvero bello questo articolo, che penso proprio che non mi sia capitato a caso perché io tra qualche mese cambio paese, vado all’estero a Bruxelles quindi ti ringrazio leggere questo articolo mi ha dato un pò di carica, ma ammetto che effetivamente un pò di paura la ho, avendo solo 20 anni mi chiedo se sia la cosa giusta da fare o meno.